Venti

Questa volta ho aspettato le sei di sera, Fabrizio. Ho dovuto aspettare quest’ora perché nell’angolo di mondo dove sono in questi giorni le sei di sera sono la mezzanotte nell’angolo di mondo dove sei tu. E quindi, siccome ci tengo alle cerimonie e alle ricorrenze, non potevo certo anticipare. Soprattutto, in una ricorrenza tonda tonda come questa.

L’angolo di mondo dove sono, in questi giorni, ti avrebbe incuriosito. Prima di tutto, c’è il mare; ma non un mare che si farà lupo, o sciacallo, come quello della London Valour (anche se le petroliere non mancano nemmeno qui intorno). È un mare azzurro e blu, di tonalità infinite che a provare a distinguerle una dall’altra sembra quasi di perdere la ragione. È un mare dove non so se le acciughe farebbero il pallone ma dove nuotano tartarughe e razze e pesci e pure squaletti.

E poi ti piacerebbe questa natura selvaggia. Se vogliamo fare un paragone – esagerato come i paragoni esagerati di occasioni come queste – il posto dove sto è una Agnata tropicale. Ci sono le case, gli spazi comuni, e ci sono soprattutto animali liberi: piccoli granchi eremita, tartarughe, pappagalli, gatti ma anche galline che scorrazzano libere.

Il posto dove sono ti potrebbe piacere perché è in quell’America che fa da sfondo anche al tuo Indiano. Posti meravigliosi che l’uomo bianco ha colonizzato e poi ripetutamente provato a distruggere. Posti dove la cultura e la gente sono mix di provenienze improbabili, dove i resti dell’antica schiavitù giacciono nascosti e dimenticati per fare posto agli sfavillanti resort di quelli che – ci scommetto – ti inviterebbero solo per metterti una chitarra in mano, e che tu manderesti allegramente affanculo.

Oggi sono vent’anni che ci hai lasciati, Fabrizio. Dieci anni fa ti sono venuto a cercare nei caruggi di Genova, in quella che è stata la prima vacanza con lei che, pensa, dieci anni dopo è ancora con me, a ricordarti (e non solo): non più a Genova, stavolta, ma alla fine uno come te lo si può ricordare dappertutto.

Come tutti, aspetterò domani per avere nostalgia, Fabrizio, insieme alla mia signorina Anarchia/Fantasia. La notte dei Caraibi è dolce e malinconica: è calda e umida, ti lascia intravedere tutte le stelle e ti lascia subito al buio, ad aspettare il mattino. Che ti arrivi un ricordo anche da quaggiù, Fabrizio, come da ogni parte del mondo.

Qualcosa da dichiarare?